Tra le novità si segnalano le ritenute che devono trattenere i soggetti forfettari, o meglio che fino all’introduzione di questa norma non dovevano trattenere tali soggetti. Facendo un passo indietro: i contribuenti forfettari non sono né soggetti “attivi” né “passivi” di ritenute, poiché emettono fattura senza applicazione della ritenuta d’acconto, pertanto non deve esser loro trattenuta e poi riversata alcuna ritenuta, così come anche essi stessi nelle fatture ricevute non devono trattenere e versare le ritenute. E questo finora non aveva avuto ripercussioni sulle parti terze con le quali i forfettari entravano in rapporto, finché la legge di Bilancio 2019 ha tolto la soglia dei 5.000 euro di spese sostenute per l’impiego di lavoratori, che precludeva l’accesso al regime dei forfettari. Pertanto, dal 2019, un soggetto ha potuto e può assumere lavoratori dipendenti senza limiti di importi; anche la soglia più elevata di ricavi/compensi, pari a 65.000 euro, può rendere la situazione più comune rispetto al passato.
Con la vecchia stesura i datori di lavoro forfettari non avrebbero dovuto trattenere le ritenute nemmeno ai loro dipendenti, costringendoli quindi a presentare la dichiarazione dei redditi al solo scopo di liquidare Irpef e addizionali comunali e regionali (come si legge nella relazione illustrativa). A correggere la situazione è intervenuto l’art. 5 del Decreto Crescita, disponendo che i contribuenti forfettari non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte, a eccezione delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente e assimilato, aggiungendo una frase all’art. 1, c. 69 L. 190/2014. La disposizione si applica dal 1.01.2019 e l’ammontare delle ritenute relative alle somme già corrisposte è trattenuto a valere sulle retribuzioni dal 3° mese successivo all’entrata in vigore del Decreto Crescita, in 3 rate mensili di uguale importo.
Autore P. Meneghetti e V. Meneghetti